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Sibylla


Opere come “Sibylla” ci pongono di fronte all’enigma dell’origine stessa della Poesia. Da dove provengono questi versi? Ne abbiamo perso le tracce...

Una cosa è certa: il silenzio era già lì quando risuonò la prima parola, quando scintillò la prima intuizione. Il silenzio aspettava di essere infranto e fecondato dal primo verso…

Questo silenzio non è quello della non-coscienza; ma l’estremo opposto.

Non significa mancanza di ogni suono.

Non è assenza, benché non abbia parole.

Non è inazione anche se richiede immobilità.

E’ presenza pura.

E’ profonda attenzione.

Quieto ascolto.

E’ lo spazio che ci vuole per accogliere la parola poetica.

Il bianco della pagina che circonda la piccola macchia d’inchiostro della parola poetica ne è la perfetta materializzazione.

“Canti” si auto-definiscono gli scritti di questo libro, poiché il canto è il modo di esprimersi della vita stessa: sinfonico, il fine ultimo di tutte le vicende che l’hanno caratterizzata fin dall’inizio dei tempi.

Dalla contemplazione, insieme compartecipe e distaccata, di tali vicende scaturisce la poesia, il grande messaggio che giustifica ogni bene ed ogni male; che riscatta l’uomo e rende sublime la sua fragilità.

La musica -come la Storia e la vita stessa- ha bisogno di Tempo per esprimersi. Il Tempo è dunque la partitura di questi canti e l’enigmatico Compositore ne sfoglia le pagine già scritte insieme col poeta, per mostrargliene il disegno. Quest’ultimo non rientra nella partitura; ne contempla la bellezza al di là di tutto e tenta di riferircela.

Abbiamo appena utilizzato il verbo “contemplare”, cum-templare: porre l’oggetto al centro del proprio campo visuale e cioè considerarlo con un atteggiamento elettivo di profonda devozione. L’esortazione ad accostarsi alle cose del mondo con assoluta deferenza, in punta di piedi, ovvero la contemplazione come programma esistenziale costituisce uno dei motivi centrali della raccolta. E’ questa disposizione a notare, a soffermarsi, ad incantarsi di fronte alle cose più piccole e più semplici, facendosi ancora più semplice e più piccolo di loro, il dono, la chiave che permette al poeta di entrare in intimo rapporto con la sorgente. Emblematico in tal senso il rapporto che la scrittrice è stata capace d’instaurare con i fiori di campo.

Queste poesie, dalla prima all’ultima, si rivolgono ad uno stesso interlocutore…

Ma chi è costui? Sono io? Sei tu? E’ la scrittrice stessa?

Il gioco poetico funziona nella misura in cui il lettore si sente direttamente e profondamente coinvolto in quello che legge.

Dunque, come si vede, alla fine lettore e scrittore si fondono in un’unica coscienza sveglia e attenta, accomunati solo da quell’autentica disponibilità all’ascolto che diventa allo stesso tempo l’origine ed il destino ultimo della Poesia.

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